Roma, cosa c’era prima di Via dei Fori Imperiali?
A partire dal prossimo 30 luglio via dei Fori Imperiali sarà pedonalizzata. La strada voluta da Mussolini per consentire lo svolgimento delle parate militari (e per collegare il Colosseo al suo balcone di piazza Venezia) fu inaugurata nel 1932 con il nome di via dell'Impero e aperta al pubblico l'anno dopo. Per farle posto fu realizzato un imponente intervento di demolizioni e sventramenti, che nell'arco di un solo anno spazzò via - oltre a numerose vestigia romane - un intero quartiere rinascimentale.
Fino al 1931 infatti nell'area dei Fori Imperiali sorgeva il Quartiere Alessandrino, edificato durante il pontificato di Pio V (1566-1572) per volontà del cardinale Michele Bonelli (nipote del papa) detto l'Alessandrino dalla città di origine. L'edificazione dell'isolato fu preceduta da un importante intervento di bonifica per il risanamento dell'area, divenuta da tempo malsana per via dell'intasamento della Cloaca Maxima (tanto che la zona era chiamata dai romani i pantani): a tal fine, furono riversate sul terreno quantità di terra così ingenti da rialzare le quote dell'intero quartiere di circa 3,5 metri. Fu in questi anni che venne tracciata la via Alessandrina, che delimitava l'isolato ad ovest e tagliava l'antico Argiletum raggiungendo il Tempio della Pace.
Antonio Nibby, storico e archeologo del primo Ottocento, descrisse con queste parole l'edificazione del quartiere: «Circa l'anno 1570 furono ordinate le strade da questa parte e cominciato il rialzamento del suolo per le cure di s. Pio V essendo maestro delle strade Prospero Boccapaduli, e perciò le due vie principali che si traversano da nord a sud e da est ad ovest ebbero il nome di via Alessandrina, e via Bonella, una ricordante la patria, l'altra la famiglia di quel papa. Fu allora che il monastero di s. Basilio venne assegnato alle Neofite. Que' lavori continuarono sotto Gregorio XIII il quale per testimonianza del Martinelli fece levar via gli orti che occupavano questa parte di Roma, e dopo aver diretto le altre vie in due anni si vide la contrada coperta di case l'anno 1585. Paolo V rialzò l'anno 1606 il piano della chiesa di s. Quirico come si vede, e di ciò fa testimonianza la lapide che è sulla porta; ma nello stesso tempo per opera di Giovanni Fontana fece demolire gli avanzi del tempio di Minerva del quale rimanevano in piedi dieci colonne e parte della iscrizione e del frontone ed i materiali furono impiegati per la fabbrica della Cappella Paolina in s. Maria Maggiore e per la Fontana Paolina sul Gianicolo. E così si perdette questo monumento al quale furono sostituite case plebee.»
Nel quartiere alessandrino, percorso da undici strade piccole e strette, sorgevano dunque sia case modeste che edifici di pregio, come il Conservatorio di Santa Eufemia, nato come convento delle "Sperse di Sant'Eufemia" e il palazzetto di Flaminio Ponzio. I pianterreni erano occupati da piccoli commerci e botteghe artigiane, e lungo la via Alessandrina si contavano nel 1855 ben quattro osterie, una delle quali sistemata tra i resti del Tempio di Minerva, alle Colonnacce.
A turbare la quiete del Quartiere Alessandrino fu, nel primo decennio del Novecento, il cantiere per la costruzione del Vittoriano, con cui iniziarono le demolizioni nell'area (per parlare delle quali sarebbe necessario un altro post). Qualche anno dopo, la visione urbanistica del Duce sarebbe stata fatale all'isolato cinquecentesco: già nel 1925 Mussolini affermava che «i monumenti millenari della nostra storia devono giganteggiare nella necessaria solitudine». Il regime avrebbe così attuato concretamente il metodo del diradamento urbano sostenuto da Gustavo Giovannoni, secondo il quale i monumenti antichi vanno liberati dalle sovrapposizioni di epoche diverse. Insomma, tutto ciò che non era legato alla Roma antica era decisamente cancellabile.
Oggi del Quartiere Alessandrino non è rimasto quasi nulla. Consoliamoci con una passeggiata (rigorosamente a piedi) sulla via che ha preso il suo posto.
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