Christine de Pizan e la Città delle Dame
In occasione della Festa della Donna, Folia Magazine propone un breve approfondimento su una delle più importanti figure femminili della cultura medievale: Christine de Pizan.
Christine nasce a Venezia nel 1365 da Tommaso, professore di medicina e astrologia all'Università di Bologna e originario proprio del bolognese. Questi, chiamato alla corte del re di Francia quattro anni più tardi, si trasferisce a Parigi insieme alla famiglia. La giovane Christine cresce così all'interno di un ambiente raffinato ed intellettualmente stimolante, immergendosi negli innumerevoli volumi della Biblioteca Reale fondata dallo stesso re, Carlo V, e componendo poesie fin dalla giovinezza.
A 15 anni Christine va in sposa a Étienne de Castel, notaio e segretario di Carlo V; dal matrimonio nascono tre figli, di cui uno morirà in giovane età. La vita di Christine cambia però una decina d'anni più tardi, quando, rimasta vedova e orfana di padre, si ritrova a dover provvedere da sola alla famiglia. Di questo momento Christine stessa scrive:
« Allora diventai un vero uomo, non è una favola,
capace di condurre le navi »
Questa trasformazione in “vero uomo” fa sì che Christine prenda su di sé un ruolo tradizionalmente legato alla figura maschile: alla testa di una bottega di scrittura, la donna si dedica nuovamente alla sua passione per i componimenti in versi, in particolare ballate d'amore; sono queste a catturare l'attenzione di numerosi mecenati, le cui commissioni permettono a Christine di sostenere economicamente la famiglia.
La fama di Christine cresce notevolmente durante i primissimi anni del Quattrocento, in seguito alla sua partecipazione ad un dibattito letterario circa uno dei componimenti più famosi ed apprezzati del tempo, il Roman de la Rose di Jean de Meun. La principale critica di Christine all'opera riguarda il trattamento riservato alla figura femminile, vista unicamente come seduttrice. È proprio il desiderio di affermare un'idea di donna più vicina alla realtà a spingere Christine a scrivere quello che si rivelerà essere il suo principale componimento: il Libro della Città delle Dame.
L'opera nasce come una risposta diretta alla visione semplicistica della donna, illustrando, come Boccaccio e il suo De mulieribus claris avevano fatto prima di lei, le vite dei principali personaggi femminili (storici, letterari e religiosi) e i loro contributi. Ogni donna costituisce quindi un “mattone” con cui Christine stessa si descrive costruire, con l'aiuto delle tre Virtù Ragione, Rettitudine e Giustizia, una simbolica Città in cui ogni Dama (termine che la scrittrice utilizza per descrivere non le donne di sangue ma di spirito nobile) possa venire apprezzata e protetta al di là di ogni stereotipo. Il seguito del Libro, il Tesoro della Città delle Dame, si concentra invece sull'importanza dell'istruzione femminile di ogni grado, vista da Christine come l'unico mezzo per la piena inclusione e presenza delle donne nella scena culturale.
In seguito al completamento del Libro e del Tesoro della Città delle Dame, Christine continua a scrivere con prolificità, sviluppando un certo interesse per i temi storici. Poco dopo i cinquant’anni, nel 1418, Christine si ritira in un convento in seguito all'occupazione di Parigi da parte di inglesi e borgognoni; qui la scrittrice mette da parte la penna per ben undici anni. Solo nel 1429, all'incirca un anno prima di morire, Christine scriverà la sua ultima opera, ispirata guarda caso da una figura femminile: Giovanna d'Arco, giunta proprio quell'anno a “rappresentare” la Francia nella Guerra dei Cent'anni. Piena di gioia per aver vissuto in prima persona l'ascesa di una donna, una Pulzella, ad eroina di un'intero stato, Christine apre il suo Ditie de Jehanne d'Arc con le seguenti parole:
«Io, Christine, che ho pianto per undici anni chiusa in abbazia, ora per la prima volta rido, rido di gioia».
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