Duomo di Genova, la presentazione di Settis
Si è svolta ieri a Genova la presentazione de La Cattedrale di San Lorenzo a Genova, nuovo titolo della collana "Mirabilia Italiae" di Franco Cosimo Panini Editore. L'opera, a cura di Anna Rosa Calderoni Masetti e Gerhard Wolf, è stata presentata da Salvatore Settis, direttore della collana, che ha ripercorso la storia dell'insigne monumento e illustrato le caratteristiche del volume.
«San Lorenzo è la chiesa cattedrale di una delle maggiori città italiane, eppure non è nota quanto meriterebbe – ha dichiarato Salvatore Settis – e mai la si era vista, come nelle pagine di questo libro, riprodotta con tanto scrupolosa fedeltà, che i saggi e le schede del volume dei Testi integrano con ricchi commenti. Nella lunga storia di questo monumento insigne, questi volumi segneranno non solo l’accurato “stato dell’arte” delle ricerche sul monumento, ma anche il punto di partenza per una sua miglior conoscenza, per nuove ricerche e nuove acquisizioni».
Ecco alcuni passaggi dell'introduzione di Salvatore Settis:
"Il Duomo di Genova, con cui questa collana per la prima volta entra in Liguria, ha carattere specialissimo perché riflette, con un’intensità e una ricchezza documentaria e qualitativa inconsueta perfino per l’Italia, la vicenda storica di una città la cui rilevanza politica, economica e artistica fu per molti secoli enormemente maggiore dell’estensione del suo diretto dominio territoriale. Immagine di una Chiesa appena trasformata dalla riforma gregoriana, questa chiesa cattedrale fu sin dall’inizio anche lo specchio della vita cittadina, e insieme il teatro di una mappa di influenze e di relazioni che, da emergenze monumentali come l’Angelo-telamone del portale di San Giovanni a sintonie liturgiche come la consacrazione in sequenza da parte di papa Gelasio II delle cattedrali di Pisa e di Genova (1118), collocano le esperienze genovesi, gestite da maestranze ora locali ora ‘antelamiche’ o campionesi, ora d’impronta francese (in particolare normanna), in rapporto con un vasto orizzonte di esperienze. Tali ad esempio l’abbazia di Cluny, altre fabbriche transalpine da Rouen a Chartres, ma soprattutto l’architettura sacra della Roma dei papi, mediata attraverso due altre cattedrali, quelle di Pisa e di Modena, che nei volumi di Mirabilia Italiae hanno già trovato posto; più tardi si avvertono altre presenze, come le strepitose novità di Giovanni Pisano o congiunture della corte pontificia dislocata ad Avignone."
"L’intensità e la sapienza del reimpiego di monumenti antichi a Genova fanno eco ad analoghe esperienze, che a Modena e più ancora a Pisa avevano esaltato la memoria di una romanità perduta, che si voleva far rinascere, incarnandola anche a Genova entro una vibrante trama di “citazioni” monumentali, a cominciare dalle fronti di sarcofago. Come a Pisa, in un reciproco controcanto che era accanita rivalità municipale, ma anche consonanza di principi e di finalità, il Duomo di Genova diventa anche luogo di celebrazione, guerresco e religioso insieme, delle vittorie contro i Saraceni; e negli accumuli del Tesoro oggetti di origine islamica si mescolano al Pallio di San Lorenzo e ai doni di devozione privata; mentre nella cappella del Battista la preziosissima reliquia del Santo innesca una sfarzosa sinfonia di marmi policromi e scolpiti."
"I tumulti fra le fazioni cittadine, col grande incendio dell’inverno 1296-1297, fanno da cesura, ma insieme da cerniera, nella storia dell’edificio: perché l’immediata ricostruzione fu l’occasione per "fissare nella pietra e nei dipinti quel mito delle origini che il grande vescovo Iacopo da Varagine [Varazze] aveva postulato nei suoi scritti qualche anno prima". Questo assiduo ritorno alle proprie radici storiche, che meglio si chiamerebbe una continua reinvenzione della propria genealogia, da celebrare ed esibire come un’arma in funzione del presente, si mescola sempre a Genova con un’inconsueta apertura a esperienze e presenze culturali d’ogni provenienza."
"Autoritratto in pietra della società genovese, come scrive Marco Folin nel suo saggio in questo volume, essa è metafora e compendio della città e della sua storia, al punto da identificarsi con la sede della Compagna Communis, offrendo alle riunioni delle magistrature comunali un luogo di riunione che ha pochi paralleli in Italia. Più densa di significati e di implicazioni diventava così la galleria di cappelle, tombe, dedicazioni e memorie per parole e per immagini che inscenavano nella Cattedrale le imprese e la gloria delle famiglie genovesi."
"Vescovi, dogi e maggiorenti contribuirono così per il lungo arco dei secoli a fare della chiesa metropolitana lo scrigno che tramandasse di generazione in generazione rapporti di forza, ambizioni, conseguimenti e gerarchie di valori. Questa stratificazione estremamente complessa ha reso ancor più difficili (e interessanti) discussioni, pratiche, decisioni degli ultimi due secoli sulla manutenzione e il restauro, fino al Museo del Tesoro di Franco Albini."
"L’identificazione di Genova (Ianua) come fondata da Giano (Ianus), primus rex Italie de progenie gigantum, solennemente affermata con una assai visibile epigrafe (poi parafrasata da Petrarca), e il sincronismo fra la fondazione di Genova e l’età di Abramo fanno tutt’uno con l’esaltazione delle imprese recenti, perché l’invenzione di un passato remoto e la memoria degli accadimenti recenti sono, entrambi, lievito e arra per la costruzione del futuro. La legittimazione del governo civile della città sulla base del potere religioso delle reliquie raggiunse a Genova un culmine di rara intensità anche liturgico-cerimoniale, traducendosi nelle forme di una devozione civile che coinvolgeva i Genovesi come comunità e le loro istituzioni, e che nella proclamazione della Madonna come regina di Genova (1637) trovò un inaudito manifesto simbolico, conferendo ai dogi (il cui potere era limitato dal mandato biennale) piena legittimazione a usare per sé, in quella che restava una Repubblica, le insegne regali."
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