VERSO IL PARADISO TERRESTRE
Dante si è lasciato alle spalle la parte più difficile del suo viaggio, ma c'è ancora qualcosa da imparare (grazie a un sogno e a tre misteriose fanciulle). E intanto al miniatore scappa una gaffe.
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All’uscita del fuoco (vedi qui) Dante, Virgilio e Stazio raggiungono la scala di pietra che porta alla sommità della montagna del Purgatorio e si fermano a dormire sui gradini poiché il sole sta tramontando. Il miniatore però raffigura il sonno dei tre poeti già nello scenario edenico del Paradiso terrestre, che si pone così quale elemento unificatore per tutta l’immagine.
È uno scenario nuovo e primaverile nel rigoglio delle piante e dei fiori quello che si offre al lettore, dopo una serie di sfondi impervi e rocciosi, lividi e austeri. Mancano tuttavia nella raffigurazione della “divina foresta spessa e viva” gli “augelletti” che cantano di ramo in ramo; ma soprattutto, elemento strutturalmente più significativo, è omessa la visualizzazione del fiume Lete, presso le cui sponde il poeta incontra Matelda.
Al centro dell’immagine è raffigurato il sogno di Dante: al poeta sembra di vedere una “giovane e bella” donna, Lia, “andar per una landa / cogliendo fiori”. La donna dice di voler farsene una ghirlanda, mentre sua sorella Rachele mai si distoglie dallo specchio “e siede tutto il giorno”: Rachele “è d’i suoi belli occhi veder vaga”, così come Lia “de l’addornarsi con le mani”, l’una si appaga nella vita contemplativa, l’altra nella vita attiva.
Rappresentando il sogno del poeta, il miniatore non rinunciò a darne una sua interpretazione: Lia, simbolo della vita attiva, compare infatti in abito porporino, allusivo all’ardore della carità; Rachele, a cui manca lo specchio (ma la posizione della mano destra sembra suggerire che il miniatore avesse pensato di realizzarlo), è rivestita di un abito azzurro ricamato in oro che pare evocare la figura della Vergine Maria, ma soprattutto è circondata da un’aureola, non concessa a Lia, che sottolinea il primato della vita contemplativa su quella attiva.
La terza e ultima sequenza mostra i tre poeti di fronte a Matelda, una “donna soletta” che Dante vede incedere cantando e “scegliendo fior da fiore”: è lei, dopo aver dato ragione della letizia che la anima, a spiegare a Dante, Virgilio e Stazio le cause della presenza del vento e dell’acqua in un luogo come quello, estraneo ai turbamenti atmosferici, quindi ad annunciare a Dante l’arrivo di una processione mistica.
In assenza di indicazioni specifiche, il miniatore dipinse Matelda vestita di un abito rosso, simbolo della carità, che ben risponde alle parole con cui le si rivolge il poeta: “deh, bella donna, che a’ raggi d’amore / ti scaldi”. Anche la ghirlanda di fiori gialli e vermigli che le adorna il capo è frutto di una precisa lettura del testo; in esso infatti si legge non solo che Matelda procede raccogliendo fiori, ma anche che cammina “in su i vermigli e in su i gialli / fioretti”, intrecciando più colori con le sue mani: da qui la raffigurazione del miniatore.
Un particolare dell’immagine resta invece inspiegabile. Sopra il capo di Dante compare infatti un angelo in abito violetto e con l’ala tesa sulla fronte del poeta, come se ancora dovesse cancellare una P. Tuttavia, poiché nel Paradiso terrestre un angelo con tale ufficio è ormai inammissibile, si dovrà pensare a una aggiunta del miniatore estravagante rispetto al dettato dantesco.
Il testo è tratto da Milvia Bollati (a cura di), La Divina Commedia di Alfonso d’Aragona, Franco Cosimo Panini Editore.
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